Pittore toscano del sec. XVI-XVII
Ritratto di Camilla Spini
Ritratto di Camilla Spini, moglie di Roberto Pitti. Olio su tela, entro cornice coeva. Provenienza: Firenze, Palazzo Spini-Feroni, Galleria dei ritratti, XVII sec.; Peretola, Villa di Motrone (o Palagio degli Spini); famiglia Matteoni, XIX sec.; Firenze, coll. marchese Filippo Bargagli Petrucci, per via ereditaria dal 1940; collezione privata, dal 1983. Bibliografia: M. Pia Mannini, Il patrimonio sconosciuto : Santi di Tito e Alessandro Allori nella villa Spini a Peretola, in “Arte cristiana”, n. 82, 1994, p.278, fig.14 (come ‘Scuola fiorentina del XVII secolo’); S. Ricci, Il Palazzo Spini Feroni e il suo museo, Milano, 1995, p.22 (come ‘Anonimo fiorentino del primo quarto del Seicento’). Il dipinto raffigura la giovane Camilla Spini, figlia del funzionario di Corte e ricco imprenditore e mercante Geri di Cristofano Spini, andata sposa al nobile Roberto Pitti agli inizi del Seicento. Geri di Cristofano Spini fu nel primo decennio del Seicento il committente della più importante ristrutturazione del palazzo di piazza Santa Trinità denominato nei secoli Spini-Feroni, oggi di proprietà della famiglia Ferragamo e sede del loro Museo. Il Piano nobile fu decorato nel 1610-12 da Bernardino Poccetti mentre il pittore-architetto Santi di Tito (Sansepolcro, 1536 – Firenze, 1603) fu il progettista della ristrutturazione e decorazione del complesso del Palagio degli Spini, la villa-fattoria di campagna a Peretola, dove si trovava il dipinto in esame nell’Ottocento, ed esecutore nella cappella di un’importante pala d’altare, firmata e datata al 1603, raffigurante la Moltiplicazione dei Pani e dei Pesci. Per la stessa cappella Alessandro Allori (Firenze, 1535-1607) eseguì due pale con i Miracoli di San Filippo Benizzi e di San Giovanni Gualberto. Queste tre opere sono oggi conservate a Prato nel Museo di Palazzo Pretorio. Tornando al dipinto in questione, questo gode di due pubblicazioni scientifiche come ‘Scuola Fiorentina del sec. XVII’ sebbene negli anni si è palesata l’ipotesi di riconoscervi un’opera di Tiberio Titi (Firenze 1573-1627), figlio di Santi di Tito, figura di punta nel campo della ritrattistica fiorentina ed internazionale di inizio secolo. In questa sede invece si medita sulla possibilità di spostare l’attribuzione verso i fratelli Casini, Valore e Domenico. A questi infatti non è stato estraneo vedervi assegnate opere in passato riferite proprio a Tiberio Titi, come ad esempio il Ritratto di Maria Maddalena Strozzi esitato recentemente alla Dorotheum il 18 ottobre 2016 (cfr. L. Goldenberg Stoppato, Per Domenico e Valore Casini, ritrattisti fiorentini, in: Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XLVIII, 2004, pp.165-210). Valore e Domenico Casini furono esponenti di una famiglia di artisti fiorentini la cui attività si svolgeva dalla seconda metà del XVI secolo ai primi decenni del secolo successivo. Il loro lavoro fu condotto in stretta collaborazione ed entrambi furono allievi del Passignano. Secondo il Baldinucci, infatti, Valore era l'esecutore delle teste e delle mani e affidava al fratello Domenico la resa dell'abbigliamento. Tale pratica artistica, tutt'altro che infrequente nella pittura seicentesca, è di per sé testimonianza del prolifico ritmo produttivo della bottega, la cui direzione era verosimilmente dettata da Valore, che Luigi Lanzi giudica 'franco pennello e fedel copista d'ogni lineamento' tanto da guadagnare la benevolenza di una clientela facoltosa, e non solo della corte medicea. Indubbiamente, come possiamo osservare, la formula illustrativa dei loro ritratti offriva una aulica eleganza, che soddisfaceva al meglio la moda del tempo e i requisiti del 'decoro'.
Tecnica: Olio su tela
Dimensioni: cm116x87
Base d'asta € 20.000